martedì 25 settembre 2012

Marzia Orsini: "Io senza Football non so stare"

PINK ZONE - Il Football in Rosa
di Ilaria Bellettini

Per la prima puntata della nostra rubrica andiamo a conoscere Marzia Orsini, quarterback delle Sirene Milano.

Nome: Marzia Orsini

Soprannome:
...Mi chiamavano "Xena", ma ora non ho più la frangia. Sarà per quello che non ho più un soprannome?

Età: 20, ne faccio 21 il prossimo 21 ottobre.

Ruolo:
Eh, bella domanda. Ho iniziato come fullback, ma il mio primo allenatore (Maurizio Vismara) sosteneva che un bravo giocatore, in questo caso giocatrice, dovesse saper fare sia il proprio ruolo che il corrispettivo. Così, durante la nostra prima partita contro le Neptunes Bologna provai a giocare linebacker, e devo dire che fu una grande scoperta! Che divertimento e che soddisfazione! Primo sack, prima adrenalina, e continuai la maggior parte del tempo ad entrare e entrare ancora nel loro gioco... mi piaceva indovinare che cosa stessero per fare, anticiparle e, quando riuscivo, bloccare il gioco prima che iniziasse. L'adrenalina aumentava, ma anche la stanchezza dato che giocavamo quasi tutte doppio ruolo. Finita la partita non c'era dubbio dentro di me, quello era il mio posto, o la mia posizione come dicono gli americani! Lo scorso anno ho subito un infortunio alla caviglia che mi ha tenuta ferma per due mesi, e comunque una volta tornata non riuscivo più a correre come prima, pur sforzandomi dovevo dare tempo al mio corpo per bilanciarsi nuovamente. Così il mio nuovo coach (Den Rasoli) per la partita contro le Furie di Cernusco ha pensato di mettermi in linea di difesa e devo dire che anche quell'esperienza è stata molto divertente, se non per il fatto che dopo quattro azioni sono dovuta uscire per un piccolo infortunio...all'altra caviglia! Ora, per esigenze di squadra, sono il nuovo quarterback delle Sirene Milano. Strano il destino vero?! Ero abituata a vedere il quarterback come il mio obiettivo principale, abbatterlo prima che abbia modo di fare qualsiasi cosa, poi ovviamente non sempre ci riesci e vai oltre. Ora mi trovo ad essere il mio peggior nemico... che ci vuoi fare, capita!

Come hai scoperto il football?
Il mio ex coinquilino giocava nei Seamen, quindi per curiosità andai a vederlo giocare al Vigorelli. Ai tempi guardavo il football solo nei periodi nfl, quando mio padre girava su sky tra i canali dello sport. Nei Seamen ho conosciuto tutti quelli che oggi sono i miei amici, ma la vera scoperta fu conoscere Valeria Vismara, mia amica, ex compagna di squadra e ora avversaria (naturalmente solo in campo). Lei mi fece conoscere il football in tutti i suoi lati. Mi inserì in questo mondo, presentandomi gente su gente in ogni parte d'Italia, mi insegnò le regole, mi fece mangiare, respirare, pensare e sognare il football. Fin quando, ormai drogata di questo sport, non decidemmo di creare la prima squadra femminile di football americano a Milano: le Vichinghe.. Ormai come saprai non esistono più, ora ci sono le Sirene Milano e le Furie Cernusco, ma quello fu senza dubbio uno dei periodi più belli della mia vita che ricordo con molta nostalgia.


Cosa rappresenta questo sport nella mia vita?
Allora, 2 [capita anche 3] volte a settimana so che ci sono gli allenamenti. Nel frattempo frequento l'università, ma il mercoledì e il venerdì so per certo che io, crolli il mondo, alle 19.30 sarò in campo ad allenarmi. E ovviamente nel weekend, escludendo l'estate, c'è sempre una partita da vedere alla quale raramente manco. C'è stato un periodo in cui conoscevo gli infermieri del Pini, che puntualmente mi facevano sempre la stessa domanda, la medesima che ti fanno i tuoi genitori, i tuoi amici che non sanno cosa sia il football americano e lo confondono con il rugby, gli sconosciuti, le tue amiche, il barista che ti vede con il casco e lo shoulder in mano, insomma chiunque ti chiede: ma perché non fai, non so, nuoto? danza? pilates? e cominciano ad elencarti una serie di sport, ma il punto rimane fermo: sei una pazza, ti fai male! Alle signorine rispondo che come loro amano fare shopping, io amo guardare una partita di football. Alla maggior parte dei signorini o signori basta nominare la parola calcio e finisce lì. A quelli del nostro mondo che ci reputano comunque delle "femmine che tentano di fare uno sport da maschi" dico che a me non interessa cosa pensano, io senza football non so stare. Spero di esser stata abbastanza chiara.

In una parola come descriveresti questo sport?
Esplosivo.

Che numero porti sulle tue spalle? Ha un significato particolare per te?
Il mio numero è il 37. Rappresenta la mia prima partita e mi ricorda tutte le emozioni che ho provato, diciamo che questo è il suo significato. Ora che faccio il qb penso che dovrò cambiarlo, vedremo...

Hai dei particolari rituali per prepararti fisicamente e mentalmente ad un match?
Non proprio. Cerco di concentrarmi su quello che dovrò fare, ripasso gli schemi mentalmente, mi vedo mentre gioco. Una specie di trip, che a volte mi fa dormire poco. Sono un po' suscettibile prima di una partita, per questo cerco di stare la sera prima solo con le mie compagne di squadra e evitare contatti con il mondo esterno. Solo le persone che conoscono questo sport sanno cosa si prova prima, riescono a tranquillizzarti, a farti stare sereno, a non farti domande quando non devono, tutte le altre, almeno a me, innervosiscono.

Come descriveresti il rapporto che hai con le tue compagne di squadra? E con i tuoi allenatori?
Le mie compagne di squadra sono la mia famiglia. Loro hanno più importanza di me quando gioco. Amo l'atmosfera che si crea quando inizi ad allenarti tutte insieme, a rassicurarti, a condividere tutto con loro. Mi piace il rapporto di confidenza che si crea, a volte più profondo di quello che si ha con le migliori amiche di sempre. Condividendo gioie ma soprattutto dolori e sacrifici si è tutti sulla stessa barca e questo unisce molto, fin troppo. Ho il massimo rispetto per i miei allenatori. Tutto quello che fanno o dicono per me sono delle regole da seguire, degli insegnamenti da apprendere. Mi impegno al massimo per renderli soddisfatti, per vedere nei loro occhi quello sguardo che mi fa sentire sicura e perché no, a volte anche potente. Maurizio come Den mi hanno dato tanto, mi hanno insegnato tutto quello che so e per questo sono molto riconoscente nei loro confronti. Devo dire che mi reputo molto fortunata ad essere stata allenata da due persone come loro, diverse, ma entrambe speciali.


Qual è l'insegnamento più importante che ti ha dato questo sport?
Di insegnamenti il football ne offre a volontà, ma secondo me il più importante è capire di far parte di un disegno, di una collettività dove tutti devono dare il massimo, perché il massimo di una sola persona non basterà per vincere. Soffrire, sacrificarsi, gioire, INSIEME. Questo è un concetto che richiama da sé l'umiltà del singolo, il saper mettere da parte la propria bravura, il proprio orgoglio, di fronte a qualcosa di più grande che si ottiene solamente con lo sforzo comune. Tutti sono importanti e nessuno è indispensabile: questo è l'insegnamento più importante per me.

Donne e football... un'accoppiata vincente?
Ah ah ah... quando ho iniziato a seguire il football era esattamente il contrario: da una parte le donne, dall'altra il football (e molto spesso lo sento dire tutt'ora). Perché le donne ti distraggono dal football, ti allontanano, non lo capiscono e molto spesso sono gelose, non amano che qualcosa (specialmente uno sport) venga messo al di sopra di loro. Essendo io una giocatrice, nonché un'amante di questo sport a qualsiasi livello, posso dirti una sola cosa: Donne e football è un'accoppiata pericolosa, più che vincente.

Qualche consiglio sullo sviluppo del football femminile?
Non mi sento in grado di dare dei consigli, essendo troppo coinvolta nel movimento non farei una proposta oggettiva. Quello che posso dire è che questo sport dà tanto ma ti prende anche tanto e non tutte le ragazze sono pronte a questo tipo di esperienza...io le vedo, tante vengono a provare, e nemmeno tutta l'accoglienza che da buona romana ho nel sangue a volte basta; cominciano a non venire, a sparire, a buttarsi malate, a inventarsi cene con parenti, cose di questo genere insomma. Poi ce ne sono tante altre che fanno salti mortali carpiati e non mancano un allenamento una volta che hanno assaggiato il piatto. Bisogna impegnarsi tanto, e come in tutte le cose bisogna crederci: questa è l'unica cosa che mi sento di dire.

Grazie Marzia e alla prossima, buon football!


Ilaria Bellettini

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